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Riusciremo a superare questo momento

Il messaggio principale di questo disegno è quello che, con il nostro amore e l’amore di Dio (rappresentato dal Sole che splende sia fuori che nell’ospedale) riusciremo a passare questo brutto momento (rappresentato in questo caso dal muro che divide il padre dal figlio).

Arianna


Visto il particolare e per tutti nuovo periodo che ci troviamo a vivere a causa di COVID19 e considerato che comunque questi mesi sono tempo della nostra vita che vogliamo vivere da protagonisti nel bene e nel male, abbiamo proposto ai ragazzi di partecipare, con un contributo, a un “progettone” per realizzare una memoria collettiva degli studenti della nostra scuola. Si tratta nello specifico, di raccogliere riflessioni, poesie, racconti, componimenti e pure disegni, che raccontino le percezioni dei ragazzi, il loro vissuto in questo ormai lungo e inedito periodo.




“Ma se tutto questo fosse successo quando la tecnologia non era così pronta?”

È strano questo periodo che stiamo vivendo; questo momento ci mette a dura prova perché all’improvviso capisco quanto la mia vita abbia bisogno di punti di riferimento per orientarmi.
Quello che facevo normalmente non posso più farlo: incontrare i miei compagni e i miei insegnanti tutti i giorni andando a scuola, non posso più frequentare luoghi comuni, quelli legati alle mie passioni e i miei interessi.
Però in questo momento di disagio ho capito quante persone lavorano per noi per far sì che la vita continui: mi riferisco ai medici, alle infermiere, a chi lavora nei negozi, alle forze dell’ordine, ai corrieri, ai politici, al Papa e ai sacerdoti che con le loro parole ci danno un po’ di speranza.
Non dimentico i nostri professori che si sono messi in gioco e con l’aiuto della tecnologia tengono vive le nostre mattine continuando l’insegnamento. Grazie per tutto quello che fate.
Solo in questo momento ho capito quanto sia bella e completa la nostra società: spesso si dà per scontato e non ci si pensa al lavoro che sta dietro ai servizi che usiamo, alla sanità e a tutto il nostro poter vivere pacificamente in società.
Ogni tanto mi chiedo: “Ma se tutto questo fosse successo qualche anno fa quando la tecnologia non era così pronta, cosa avremmo fatto?”
E non mi riferisco solo alla scuola ma anche a tutte quelle persone che riescono a lavorare da casa continuando a tenere attiva, almeno un po’, l’economia.
Grazie a tutte le persone che lavorano per noi.
Spero che finisca presto e si ritorni alla normalità.


Visto il particolare e per tutti nuovo periodo che ci troviamo a vivere a causa di COVID19 e considerato che comunque questi mesi sono tempo della nostra vita che vogliamo vivere da protagonisti nel bene e nel male, abbiamo proposto ai ragazzi di partecipare, con un contributo, a un “progettone” per realizzare una memoria collettiva degli studenti della nostra scuola. Si tratta nello specifico, di raccogliere riflessioni, poesie, racconti, componimenti e pure disegni, che raccontino le percezioni dei ragazzi, il loro vissuto in questo ormai lungo e inedito periodo.




Nella campana di vetro

Visto il particolare e per tutti nuovo periodo che ci troviamo a vivere a causa di COVID19 e considerato che comunque questi mesi sono tempo della nostra vita che vogliamo vivere da protagonisti nel bene e nel male, abbiamo proposto ai ragazzi di partecipare, con un contributo, a un “progettone” per realizzare una memoria collettiva degli studenti della nostra scuola. Si tratta nello specifico, di raccogliere riflessioni, poesie, racconti, componimenti e pure disegni, che raccontino le percezioni dei ragazzi, il loro vissuto in questo ormai lungo e inedito periodo.




La wood card

Una tessera sostenibile per salvare il pianeta

Per evitare l’uso di plastica e fare del bene al nostro pianeta i ragazzi della 4Gr del Liceo Rosmini hanno ideato la Wood Card: una tessera ecologica ricavata dal legname recuperato dalla tempesta Vaia.

Ma partiamo dall’inizio. I ragazzi della quarta del liceo scientifico sportivo stanno partecipando all’iniziativa Green Jobs un programma – sostenuto di altre 8 Fondazioni di origine bancaria aderenti all’ACRI, Tra cui Caritro, e realizzato grazie al supporto di due enti attuatori nazionali InVento Innovation Lab e JA Italia – di educazione imprenditoriale in ambito green, rivolto a docenti e studenti delle scuole superiori di tutta Italia.

Grazie al suo approccio innovativo e concreto – basato sul “learning by doing” – Green Jobs consente agli studenti di:

  • Sviluppare un’idea di business green
  • Sperimentare l’avviamento di una mini-impresa green sul territorio
  • Conoscere i modelli organizzativi e di gestione imprenditoriale
  • Scoprire le professionalità coinvolte nel mondo produttivo green percorrendo tutti gli step che trasformano un’idea in un’attività imprenditoriale
  • Valorizzare la creatività individuale e collettiva e promuovere le soft skills

I ragazzi hanno seguito delle lezioni in classe e successivamente con incontri e videoconferenze online, con i referenti del progetto, con gli esperti green e i Dream Coach (Filippo Galeotti e Emanuele Guarino dell’azienda Volta g.e. (green energy) – spiega la professoressa referente del progetto per la scuola Lucia Candioli –  hanno potuto conoscere i temi della sostenibilità ambientale e dell’imprenditorialità cercando di dare vita a una mini-impresa Green Jobs.

I ragazzi della 4GR sono partiti da una constatazione: nel portafoglio di una persona sono presenti mediamente 40 grammi di plastica di varie tessere indispensabili per la vita di tutti i giorni. All’incirca ogni dieci anni queste si consumano o scadono e devono essere sostituite, portando ad un incremento dell’enorme quantitativo di plastica che inquina il nostro pianeta.

Per far fronte al problema dell’uso indiscriminato della plastica hanno  ideato e realizzato alcuni prototipi:  la Wood Card, una tessera ecologica ricavata dal legname.

Ma non del legno qualsiasi. I ragazzi hanno ben pensato di aiutare le comunità del territorio a risollevarsi dai danni della tempesta Vaia, incentivandole a salvaguardare i loro boschi e le loro montagne utilizzando, per creare la tessera, proprio dal legname recuperato nei boschi trentini.

« Green Jobs – spiegano i ragazzi – ci ha permesso di ideare e realizzare una tessera utilizzabile in primis da noi ragazzi come badge scolastico e successivamente allargarne l’uso, proponendo il prodotto a diverse imprese locali ed aziende di vario tipo. Il prodotto ha le potenzialità di poter essere adoperato in altri ambienti, come ad esempio skipass, tesserino di abbonamento ai mezzi pubblici, tessera di riconoscimenti per membri di aziende, comitati, società ecc.». A tale proposito molto stretta è stata la collaborazione con aziende ed enti del territorio.

Ma i ragazzi non si sono fermati qui e hanno già pensato ai futuri possibili utilizzi della Wood Card, che «potrebbe essere impiegata poi come tessere/apri porta per gli alberghi e le fidelity cards di qualsiasi tipo».

«Il nostro prodotto ci insegna, partendo dalle piccole cose, a rispettare e ad essere “educati” con l’ambiente» concludono i ragazzi.

Con il loro progetto – descritto sul sito WOOD CARD – ora i ragazzi parteciperanno alle competizioni: l’audizione territoriale e la Fiera Green Jobs.  Le mini-imprese green vincitrici a livello regionale (gara il 15 maggio) parteciperanno alla Fiera Green Jobs nazionale il 21 maggio; entrambe le competizioni avverranno online.




L’EMERGENZA CORONAVIRUS, LA CHIUSURA DELLA SCUOLA E L’ESPERIENZA DELLA DIDATTICA A DISTANZA

In questo momento il mondo intero sta affrontando un’emergenza sanitaria senza precedenti, una vera e propria pandemia sottovalutata per troppo tempo e causa di innumerevoli morti, che forse si sarebbero potute evitare se solo fossimo stati meno egoisti.

Tutto ha inizio in Cina, precisamente nella popolosa città di Wuhan, dove a dicembre dello scorso anno si verificano degli insoliti casi di polmonite, che si scoprirà poi essere proprio causati dal tristemente celebre Coronavirus, un virus del tutto sconosciuto dalle origini ancora incerte e con sintomi molto simili a quelli influenzali, che però possono essere del tutto assenti in alcuni individui oppure aggravarsi fino al raggiungimento di crisi respiratorie in altri. Le autorità cinesi esitano a dichiarare lo stato d’emergenza finchè la situazione si fa ingestibile e così si diffonde in tutto il mondo la notizia di questo nuovo, incombente pericolo, e insieme ad essa anche un’ondata di odio ingiustificato nei confronti dello stesso popolo.

In Europa iniziano presto a comparire i primi casi, per il momento ancora in numero basso e circoscritti, tuttavia rimane tanta la confusione tra la popolazione e i media; tutti si improvvisano infatti esperti medici e virologi e affermano con certezza le proprie teorie: chi lo considera al pari di una comune influenza, chi un rischio solo per i più anziani, specialmente con un quadro clinico già compromesso, ma sono ancora pochi quelli realmente allarmati dalla situazione. Inoltre iniziano a circolare ovunque le notizie più surreali riguardo alla nascita del virus, che variano da un esperimento di laboratorio finito male a un complotto del governo.

Inizialmente ero molto perplessa e scettica riguardo alla pericolosità del virus, anche perchè ero convinta che il tasso di mortalità, inferiore a quello dell’influenza, parlasse chiaro e pensavo quindi che nel giro di poche settimane nessuno ne avrebbe più parlato e tutto si sarebbe risolto nel migliore dei modi; così mi auguravo, ma non c’è bisogno di dire che le cose non andarono per nulla secondo i miei piani. Infatti tutto ad un tratto i contagi in Italia aumentarono esponenzialmente e il Bel Paese si trovò ad essere il luogo con più contagi al mondo dopo la Cina, arrivando a toccare i 10.000 casi dopo nemmeno un mese dal primo contagio.

La risposta della autorità italiane fu fortunatamente tempestiva, quella degli Italiani invece un po’ meno; infatti mentre il Governo si adoperava per fermare la diffusione del virus, attuando tutte le misure di contenimento possibili e imponendo la quarantena alle zone più affette e in particolare la regione della Lombardia, sulle strade si vedevano ancora tante, troppe persone incuranti del pericolo che stavano correndo e di quello che avrebbero potuto rappresentare per gli altri. Il vero pericolo del Coronavirus sta infatti nella sua altissima contagiosità e non tanto nella sua letalità, anche se nemmeno questo fattore è da trascurare, come dimostra il tragico numero di vittime di tutte le età che questo virus ha causato. Inoltre le apparecchiature per trattare i casi più gravi, come i ventilatori polmonari, i dispositivi di protezione del personale medico, i tamponi per testare la positività del virus e soprattutto lo spazio negli ospedali, soprattutto delle terapie intensive, si è rivelato da subito insufficiente per far fronte all’emergenza e proprio in questo sta la vera difficoltà: nell’assicurare a tutti le cure necessarie.

A questo punto iniziò anche a circolare l’ipotesi della chiusura delle scuole e infatti il decreto ufficiale che la confermava non tardò ad arrivare; così la sera del 4 marzo, il presidente del Consiglio Conte, schierato in prima linea nella lotta contro il Coronavirus, dichiara tutta l’Italia zona rossa e come anticipato la sospensione delle attività didattiche in tutta la penisola almeno fino a metà marzo. La decisione a parer mio fu assolutamente giusta e necessaria, anche se non riuscivo ancora a spiegarmi come la situazione fosse potuta degenerare in modo così precipitoso e tanto meno avrei immaginato di poter tornare sui banchi di scuola soltanto a settembre.

Ecco quindi che iniziò una nuovo prova per noi studenti come per i professori: la didattica a distanza; era impensabile infatti interrompere le lezioni e il programma scolastico finchè la situazione si fosse stabilizzata e quindi ci siamo dovuti affidare alle piattaforme online di videoconferenze. Inizialmente pensavo che non sarebbe cambiato molto dalle tipiche lezioni in classe e che sarebbe stato addirittura più facile e piacevole seguire le lezioni dal comfort di casa, ma dopo un mese dall’inizio di questa nuova esperienza posso dire con certezza di essermi sbagliata. I problemi tecnici e le interruzioni di segnale, che ormai non sono più una novità, rappresentano un vero ostacolo alla continuità dell’apprendimento e della concentrazione. Tuttavia la vera differenza e la cosa che più mi manca della scuola è il reale contatto con compagni e professori, anche se penso che questo stato di precarietà e questo approccio alla didattica abbia rafforzato molto il rapporto tra studenti e insegnanti e che vedere questi ultimi alle prese con la tecnologia ci abbia mostrato un nuovo lato più umano e amichevole di loro. Inoltre in questo periodo credo di aver imparato a lavorare ancora più in autonomia, requisito che andando avanti con gli anni diventerà sempre più fondamentale per lo studio, e soprattutto ho capito veramente che si impara solo per noi stessi e non tanto per i voti in pagella ma piuttosto per arricchire il nostro bagaglio culturale.

Sono stata poi molto contenta di come la mia scuola abbia gestito l’emergenza e del fatto che il dirigente si interessi costantemente dell’opinione e del riscontro dei suoi studenti, anche tramite questionari e sondaggi; ha ad esempio predisposto gli orari delle lezioni tenendo conto della difficoltà e dell’affaticamento che un tempo prolungato davanti a uno schermo può provocare e ha incoraggiato gli insegnanti a bilanciare il carico di lavoro e di compiti in modo da non creare ulteriori ansie ai ragazzi e lasciare loro del tempo da dedicare a se stessi e ad altre attività. Inoltre, nonostante la scuola online sia la migliore soluzione possibile in questo periodo, non si può negare che evidenzi ulteriormente il divario sociale dei diversi studenti e per questo molte scuole hanno dato la possibilità a chi ne avesse bisogno di prendere in dotazione un tablet, andando quindi incontro alle famiglie che magari non possono permettersi un dispositivo per ogni componente. Infatti anche la maggior parte degli adulti, dopo la chiusura di tutte le attività non essenziali, hanno dovuto mettersi alla prova con il cosiddetto Smart Working, ovvero una modalità di lavoro non vincolata da precisi orari o luoghi di lavoro e che prevede naturalmente l’utilizzo di dispositivi tecnologici.

Questa quarantena però, nonostante la paura e il dolore, ci ha regalato anche tante emozioni ed è riuscita a risvegliare un senso di unione e amore per il nostro Paese che non credevo esistesse più; sono state infatti tante le dimostrazioni di solidarietà e iniziative in aiuto alla protezione civile, alle strutture ospedaliere e a tutto il personale sanitario, partite sia dall’Italia che dall’estero. A questo riguardo non possiamo non soffermarci sullo spettacolo realizzato dagli Italiani che tutte le sere si danno appuntamento sui propri balconi per applaudire come ringraziamento i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari per essere in questo momento più che mai la vera forza del Paese e per cantare le canzoni della tradizione italiana, in un tentativo di darci forza a vicenda e lasciarci andare a un momento di spensieratezza e speranza. Questo ha mostrato non solo a me ma al mondo intero un lato fino ad ora nascosto del nostro Paese e ci ha fatto sentire tutti fieri e parte del popolo italiano.

Adesso però vorrei soffermarmi su coloro che come ho già detto hanno permesso all’Italia di cominciare pian piano a rialzarsi, ovvero medici, infermieri, OSS, tecnici di laboratorio e addetti alle pulizie negli ospedali, nonché il personale delle forze dell’ordine e i Vigili del Fuoco. È a loro che dobbiamo un grazie speciale, a loro che tutti i giorni lavorano senza sosta e instancabilmente pur di farci uscire al più presto da questo incubo, rinunciando alla vicinanza con la propria famiglia e mettendo la loro stessa vita a rischio e che nonostante tutto sono stati i primi a darci la forza e la speranza per andare avanti. Inoltre penso che non vengano mai ringraziati abbastanza anche per aver aiutato nella lotta contro la disinformazione e le fake news, che ha rappresentato un vero problema soprattutto all’inizio dell’emergenza e di cui paghiamo le conseguenze tutt’oggi.

Ripensando a quel mercoledì di inizio marzo, in cui ritornammo a casa da scuola totalmente inconsapevoli di quello che avremmo dovuto affrontare in seguito, mi rendo conto di quante cose abbia dato per scontato fino ad ora: gli amici, la famiglia, la scuola e tutti i gesti della vita quotidiana che non avrei mai pensato di rimpiangere, come una semplice passeggiata. E poi c’è la salute ovviamente e solo il fatto che non conoscessi il significato della parola “pandemia” mi fa capire quanto sia fortunata sotto questo punto di vista.

Ci sono infine delle immagini che non potrò mai dimenticarmi, come la silenziosa processione dei camion militari che trasportano fuori da Bergamo le bare per cui non c’è più posto in città oppure i visi dei medici segnati dalla stanchezza e dai lividi provocati dalle mascherine dopo un turno di dieci ore di lavoro; ma non mi dimenticherò neanche delle immagini più positive, come quelle delle città costellate di bandiere tricolore e di arcobaleni disegnati dai bambini e accompagnati dalla scritta “Tutto andrà bene”.

In conclusione mi auguro che questa esperienza, oltre all’immensa sofferenza, ci lasci anche una grande lezione e ci faccia apprezzare di più la vita e tutti i piccoli gesti che la compongono.

Francesca

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Visto il particolare e per tutti nuovo periodo che ci troviamo a vivere a causa di COVID19 e considerato che comunque questi mesi sono tempo della nostra vita che vogliamo vivere da protagonisti nel bene e nel male, abbiamo proposto ai ragazzi di partecipare, con un contributo, a un “progettone” per realizzare una memoria collettiva degli studenti della nostra scuola. Si tratta nello specifico, di raccogliere riflessioni, poesie, racconti, componimenti e pure disegni, che raccontino le percezioni dei ragazzi, il loro vissuto in questo ormai lungo e inedito periodo.




Progetto Geologia

Progetto svoltosi sul Monte Baldo proposto alle classi V dell’Istituto




Nella bolla

Sconforto, solitudine, indifferenza, forse sono queste le parole che descrivono il momento? Sicuramente è il periodo più strano e lento che potessimo mai immaginare, in cui ognuno di noi avverte sensazioni diverse. Io provo tanta noia, preoccupazione e solitudine. In questo periodo ho capito, più che in ogni altra situazione, che i rapporti con le altre persone sono essenziali per la sopravvivenza dell’uomo. Pur avendo la tecnologia che mi aiuta a essere in contatto con gli altri, mi sento lontana, sola e fragile. Telefonare, scrivere messaggi o vedersi attraverso una telecamera mi aiuta a sentirmi più vicina, ma avrei preferito essere con loro: i miei compagni di vita. Non avrei mai pensato di dirlo, ma piuttosto di rimanere a casa davanti a un computer avrei preferito andare a scuola. Lì pur dovendo studiare molto di più di quanto faccia ora, sarei circondata da persone a cui voglio bene, con cui condivido più della metà della mia vita, che mi conoscono per quel che sono e non mi giudicano perchè hanno imparato a rispettarmi. 

In questa situazione ho capito quali sono realmente le cose che contano. Questa non è una di quelle frasi di circostanza, è la verità. Non avrei mai pensato che la libertà fosse un privilegio. La libertà di uscire, di stare con gli altri, di fare ciò che si desidera, non è più permesso per la sicurezza propria e degli altri. Non avevo mai creduto che questa potesse essermi tolta, e invece è accaduto.

Non avrei nemmeno riflettuto sull’importanza della responsabilità . A 17 anni la responsabilità passa sempre in secondo piano : una volta che sei in gruppo si fanno anche cose poco coscienti che non avresti mai fatto da sola. Ora, no. La responsabilità diventa una salvezza, una necessità. Non avrei mai detto che abbracciare qualcuno potesse essere così difficile e che mi mancasse così tanto. Non avrei nemmeno detto che tutto ciò, in realtà, sarebbe stata la primavera della mia anima, perché sono sicura che quel “ ti voglio bene “ non me lo farò più scappare. In fondo solo quando ti viene tolto qualcosa ci si rende conto del vero valore, e quell’abbraccio non me lo dimenticherò mai.

A volte mi sembra di vivere in una bolla che non mi fa sentire a pieno le emozioni, ma che quando scoppia le sento ancora più forti di prima. Mi sta succedendo ancora, non lo faccio apposta, non riesco a sentire a fondo il pericolo della situazione. Tutto questo mi sconforta, vedo la mia famiglia preoccupata, vedo tutti molto agitati, e io no. Mi scivola tutto addosso, e non riesco più a vivere come vorrei. In questo momento sento che nulla è vicino a me, tutto mi circonda , ma si muove velocemente e non riesce a toccarmi. Riesco solo a distinguere le verità dalle falsità. Sento molti dire ciò che hanno sentito a loro volta, ma spesso non si rendono conto che sono solo menzogne. La maggior parte della popolazione crede a tutto ciò che le viene detto, io credo sia per mancanza di informazione e capacità di giudizio. Ritengo che tutto ciò sia molto negativo e preoccupante, quasi più preoccupante delle persone che non rispettano le norme imposte. Il gruppo, infatti, è da sempre più pericoloso del singolo.

Francesca 

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Visto il particolare e per tutti nuovo periodo che ci troviamo a vivere a causa di COVID19 e considerato che comunque questi mesi sono tempo della nostra vita che vogliamo vivere da protagonisti nel bene e nel male, abbiamo proposto ai ragazzi di partecipare, con un contributo, a un “progettone” per realizzare una memoria collettiva degli studenti della nostra scuola. Si tratta nello specifico, di raccogliere riflessioni, poesie, racconti, componimenti e pure disegni, che raccontino le percezioni dei ragazzi, il loro vissuto in questo ormai lungo e inedito periodo.




La mia esperienza in quarantena

Quando mi viene chiesto se io stia soffrendo la quarantena o meno rispondo sempre un po’ perplesso. A dire la verità, credo che lo stare a casa senza poter vedere nessuno al di fuori della mia famiglia mi stia facendo particolarmente bene. Sì, mi sento meglio di come mi sia mai sentito. So che tutto sommato le persone a cui tengo stanno più o meno bene, e so anche che prima o poi questa cosa finirà, di conseguenza cerco di godermi ogni attimo di questo isolamento forzato per fare tutto quello che non ho mai avuto tempo di fare e per riscoprire antiche passioni.  Dopo tanto tempo ho ricominciato a disegnare, anche se i miei sono tutti disegni strani e senza senso, ma vorrei imparare a disegnare cose che vedo ogni giorno, anche se guardando fuori dalla finestra non ho molti soggetti da rappresentare. Ho anche ricominciato a fare ginnastica quotidianamente, ed è una cosa che mi sta prendendo più di quanto avrei mai potuto immaginare. Ho ricominciato anche a scrivere, dopo molto tempo che avevo abbandonato carta e penna. Tutte queste attività mi aiutano a liberare la mente e a stare bene con me stesso. Come ho già scritto, mi sto piano piano riscoprendo.

Certamente, è disarmante leggere ogni giorno il numero dei morti, poiché dietro ad ogni cifra ci sono storie di persone che avevano sogni, ideali, una famiglia, una persona che li amava, e ora la loro storia verrà sepolta dalla sabbia del tempo. La loro, cosi come altre migliaia e migliaia. Per quanto io mi sia sempre considerato un asociale o un menefreghista verso le altre persone, è difficile non pensare a tutto questo e a quanto l’esistenza sia una delle cose più fugaci che ci sia. Dunque, durante questa quarantena e per il resto della vita, il mio motto sarà “ carpe diem “. In questi giorni ho riscoperto Jack London, ed anche i suoi libri in qualche modo aiutano ad evadere da questa situazione.

L’immaginazione, credo, salverà molte persone durante questo periodo. Leggere penso sia l’unico antidoto all’ isolamento, poiché grazie alla mente si può viaggiare ovunque. In un attimo posso passare dal ritrovarmi a ventimila leghe sotto i mari a vagare con una muta di cani nello Yukon. E ancora, posso passare dal girare il mondo in soli 80 giorni fino a lasciare che Haruki Murakami mi faccia conoscere più da vicino il mio ormai amico Toru Watanabe.

In conclusione, posso dire che se le persone lì fuori non stessero soffrendo sempre di più, questa quarantena avrebbe solo che lati positivi. Ma purtroppo, come la vita ci insegna, l’idillio non può durare in eterno, e prima o poi dovrò abbandonare questo paradiso artistico ed intellettuale per rituffarmi nella mediocrità della vita moderna, sperando di non affogare. Ma ora mi sento un po’ più pronto, poiché saprò come ritrovare l’ossigeno.

Tra una pagina e l’altra di un romanzo e Norwegian Wood in sottofondo.

Federico Muraro

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Visto il particolare e per tutti nuovo periodo che ci troviamo a vivere a causa di COVID19 e considerato che comunque questi mesi sono tempo della nostra vita che vogliamo vivere da protagonisti nel bene e nel male, abbiamo proposto ai ragazzi di partecipare, con un contributo, a un “progettone” per realizzare una memoria collettiva degli studenti della nostra scuola. Si tratta nello specifico, di raccogliere riflessioni, poesie, racconti, componimenti e pure disegni, che raccontino le percezioni dei ragazzi, il loro vissuto in questo ormai lungo e inedito periodo.




La vita era cambiata

Nella città fantasma silente,

era sparita la gente

tutti affacciati dal balcone 

nell’epoca dell’interconnessione

costretti ad essere soli

Ad inquinare erano abituati

eppure a stare lì erano forzati;

il frenetico mondo rallentava

nella villa il pane si apprezzava

la vita era cambiata.

                             Anima confinata

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Visto il particolare e per tutti nuovo periodo che ci troviamo a vivere a causa di COVID19 e considerato che comunque questi mesi sono tempo della nostra vita che vogliamo vivere da protagonisti nel bene e nel male, abbiamo proposto ai ragazzi di partecipare, con un contributo, a un “progettone” per realizzare una memoria collettiva degli studenti della nostra scuola. Si tratta nello specifico, di raccogliere riflessioni, poesie, racconti, componimenti e pure disegni, che raccontino le percezioni dei ragazzi, il loro vissuto in questo ormai lungo e inedito periodo.

I lavori non sono prodotti scolastici, possono essere firmati o anonimi (magari con uno pseudonimo).




Cartographie sur les pas de quelques illustres français

La 4 A linguistico ha partecipato al progetto “Cartographie sur les pas de quelques illustres français”, patrocinato dal consolato di Firenze e proposto dall’attachée de coopération pour le Français, Madame Nelly Mous per festeggiare i dieci anni del progetto Esabac – doppio diploma francese e italiano .
Sono stati selezionati solo 5 licei Esabac. Ogni classe doveva proporre un percorso culturale e turistico, nella propria città, sui passi di alcuni celebri personaggi o visitatori francesi.




Il Liceo conquista il Premio delle Camere di commercio “Storia di alternanza”

Con il video “Proviamo il nostro futuro” – che potete vedere qui sotto – il liceo Rosmini ha conquistato il Premio delle Camere di commercio “Storia di alternanza”.

Il progetto ha permesso ai ragazzi della 4Fr del liceo scientifico sportivo di provare l’esperienza di vita in caserma dal 24 al 26 gennaio alla caserma Alpina di Predazzo. I ragazzi hanno partecipato alle attività previste dalla Scuola Alpina a passo Rolle, in particolare il primo soccorso in montagna (elisoccorso e cinofili), hanno conosciuto il corpo della Guardia di Finanza e i suoi campi d’intervento e approfondito quindi la consapevolezza e il senso di legalità.

Hanno conosciuto l’organizzazione dei Gruppi sportivi delle Fiamme Gialle e sperimentato lo sci nordico con il tutor esterno Luogotenente Antonio Baccega e quello scolastico, la prof. ssa Silvana Frisinghelli.

La premiazione è avvenuta mercoledì 5 giugno a Trento presso la sede delle Camere di Commercio. Il premio consiste in 2500 €.

 




DOCUMENTI DI CLASSE: CLASSI QUINTE.

DOCUMENTI DI CLASSE: CLASSI QUINTE.

5AC 5AL 5BL 5BS 5CL 5CM 5DM 5EM5AS




ISTRUZIONI PER LA RESTITUZIONE DEI LIBRI DI TESTO IN COMODATO CLASSI PRIME E SECONDE

libri di testo fine anno classi prime 19_20 (comodato)

libri di testo fine anno classi seconde 19_20 (comodato)




Incontro con atleti professionisti

Giovedì 18 aprile, ultimo giorno di scuola prima dell’inizio delle vacanze di Pasqua, si è svolta la quarta assemblea d’istituto dell’anno.

L’assemblea è stata prevalentemente sviluppata attorno al tema “sport”, anche se non sono comunque mancati gruppi incentrati su tematiche sociali e di attualità.

E, proprio per rimanere in tema sport, è stato organizzato nel teatro del nostro liceo un incontro con atleti professionisti di diverse discipline. Erano presenti Andres Pablo Forray, cestista nonché capitano dell’“Aquila Basket Trento”, Silvia Fondriest ed Eleonora Furlan, pallavoliste della squadra di A2 “ Trentino Rosa” ed Elisabetta Preziosa, ex atleta della nazionale italiana di ginnastica artistica, che tra le numerose presenze in “maglia azzurra” può vantare la partecipazione alle Olimpiadi di Londra 2012. Era inoltre presente Emanuele Molin, vice allenatore dell’ “Aquila Basket” ed ex allenatore del “Real Madrid”.

L’incontro è iniziato alle 10:30 ed è durato circa due ore. Durante la prima ora hanno parlato a turno Andres Forray ed Emanuele Molin. Per primo, il cestista ruolo playmaker ha raccontato il suo arrivo in Italia nel lontano 2003, le sue prime esperienze nel nostro Paese e la giornata tipo di un atleta che, oltre a ricoprire il ruolo di professionista allenandosi più volte al giorno, fuori dal campo da basket vive una normale routine da marito e papà.

 

Emanuele Molin ha invece raccontato brevemente la sua storia da allenatore, gli anni in Spagna e il definitivo arrivo a Trento, dove si trova tutt’ora in qualità di viceallenatore di una delle più forti squadre di basket a livello nazionale.

Alle 11:30 è stata poi la volta del gruppo femminile. La prima a prendere la parola è stata Elisabetta, che ha raccontato la sua storia da ginnasta, iniziata quando a soli sei anni i suoi genitori l’hanno iscritta ad una squadra sportiva con la speranza che imparasse a cadere senza farsi male, e proseguita poi con una serie di vittorie e conquiste che l’hanno portata ai vertici nazionali. Elisabetta ha anche parlato della sua laurea, conseguita dopo il ritiro forzato dall’attività agonistica a causa di problemi al ginocchio, e di tutte le importanti “Life skills” che lo sport le ha dato.

Anche Silvia ed Eleonora, dopo aver brevemente raccontato il loro percorso sportivo, hanno parlato di ciò che lo sport ha dato loro, sia in termini agonistici che di insegnamenti per la vita: capacità di sopportazione e di accettazione delle sconfitte, resistenza alla fatica, collaborazione, capacità di mettersi da parte per lasciare posto ad altri ecc.

L’incontro si è concluso con dei calorosi saluti, le rituali foto ricordo e i nostri più sentiti ringraziamenti verso gli atleti, che si sono resi disponibili a portare presso il nostro liceo la loro esperienza, che può essere d’esempio per tutti noi.

Carlotta Uber




Corti collettivi

 

I racconti Corti collettivi nascono da una idea semplice, ovvero si può scrivere insieme, a più mani, dentro la propria scuola, senza che un racconto sia associato necessariamente ad una identità o ad una storia autobiografica.

Si può scrivere facendo convergere, e il più delle volte divergere, gusti di letture passate e presenti, sensibilità estetiche, immaginazioni estemporanee, frammenti di parole rubate anche all’immediato istante prima di cominciare la discussione collettiva.

Gran parte della scrittura è nata, infatti, da riflessioni animate, e sempre comuni, tra i componenti dei Corti, su una parola che non rendeva l’immagine voluta, sull’incomprensione siderale che un passaggio suscitava negli ascoltatori, molto più spesso sul destino dei personaggi creati.

-E adesso, come andare avanti?-. Una volta creati lo sfondo operativo della discussione e lo spirito collettivo adatto alla scrittura, insomma, dato il via all’immaginazione, i Corti si sono affezionati ai loro personaggi, agli oggetti e agli ambienti che lentamente prendevano corpo.

Scrivere questi racconti ha richiesto spirito di condivisione, precisione, empatia con i segni dell’universo letterario, nonché una buona dose di fatica e coraggio.

I sette racconti sono tutti legati da alcune parole o espressioni ricorrenti, che il lettore accorto non tarderà a sentire e che il logo creato per la copertina prova a sintetizzare; una sorta di ritornello evocativo che li attraversa tra le righe e prova a legarli, riproducendo in questo modo il gesto da cui sono nati.

Un gesto che porta con sé l’amore per la parola, la cura che ad essa va dedicata, che non smette di cercare solo le parole giuste, per l’atto di creazione di un universo ricco e fervente di idee comuni.

 

Corti Collettivi, serie 0/2018, nasce da un’idea della prof.ssa Elisa Gelmini, con il sostegno della Commissione Biblioteca del Liceo A. Rosmini.

Potete sfogliare il volume nelle biblioteca del Liceo o consultarlo in versione online qui sotto.